Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana

Il 24 ottobre del 1769 giunge a San Casciano il granduca Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena.

Il Sovrano voleva conoscere da vicino il suo nuovo stato e aveva iniziato un lungo viaggio per le terre toscane.

L’arrivo del Granduca fu preceduto da un manifesto, custodito nell’Archivio Storico Parrocchiale di San Casciano, redatto dal Vescovo di Chiusi e destinato al clero ed alla popolazione della Diocesi:

D. Giustino Bagnesi per grazia di Dio, e della
Sede Apostolica Vescovo di Chiusi, Prelato Domestico
della Santità di nostro Signore, Papa Clemente XIV
assistente al Soglio Pontificio, e del sacro Romano
Imperio Conte Palatino.
Venerabil Clero, e Popolo Dilettissimo della
Diocesi di Chiusi

Non abbiamo parole, Venerabil Clero, dilettissimi Figli per esprimervi il trasporto del nostro contento che nel ricevere la fausta nuova della venuta dell’Augusto nostro Sovrano per la nostra Diocesi, e quello che è più nell’istesso nostro tugurio, al core provammo. Di rispetto gli affetti, d’obbedienza e d’amore, che a tal nuova in Noi svegliaronsi verso la Pregiatissima Persona di Pietro Leopoldo Gran Principe Clementissimo nostro, ancor nei vostri cuori nell’avanzarvene il fortunato avviso, credito abbiamo svegliare. E forse che noi? Mancherà forse in Noi la ragione? La Nobiltà della porpora, che sopr’ogn’altra Maestosa grandezza, l’alta provvida Saggezza la benefica Clemenza furono sempre mai quelle tre belle virtù, che collocate in alto Trono formano di quello e il Fondamento, e la Base. Inalsa il Suddito l’occhio alla Dignità della Persona, e rispettoso piegane il ciglio; sicuro della Saggezza, e pronta le sagge disposizioni n’adora; se alla Clemenzia rivolge il pensiero, oh allora sì, che il cuore, qual’Aquila avvezza al volo contenersi non sa per unirsi col più ossequioso affetto a si degna Persona, perloché poi nascer si vede quella bella unione di Sovrano, e di Suddito, di Giudicie, e di rispettoso Servo, di Figlio, e di Padre. Or tali prerogative chi negar vuò, che nell’Augusto Sovrano a piena luce non splendino? Non è Egli quella bella e Nobil progenie dell’Augustissima Religiosissima Casa d’Austria? Non è Egli quel pietosissimo … ma che dico? … quel mansuetissimo, quel Clementissimo, Adorabile Principe, che deposta l’istessa sua Maestà i più umili Luoghi del suo Felice Impero visitar si compiace, si fa di tutti tutto, e le più giuste, e dovute rimostranze sdegna, e non cura? Non è fors’egli che intento al pubblico bene l’umile, il povero, il grande ascolta, esaudisce, e contenta? Or se cosi è, ben ebbi io fondata speranza, che a sì felice Nuova gli affetti di vostra obbedienza, di vostro rispetto, di vostro amore svegliati si fossero, e ebben ragione in me fu d’avanzarvene il fortunato avviso. Ma perchè quanto noi professiamo col Cuore, ben sia chiaro ancor degl’effetti, a Voi religiosissimo Ceto, e parte Migliore de Figli del Redentore imponiamo, che per la Sacra Persona dell’Augusto Nostro Sovrano, che nel per noi avventuroso viaggio incaminarsi, nelle vostre Orazioni, e nella S.Messa la Colletta pro Itinerantitis giusta il Sagro Rito aggiugnate. E voi dilettissimo Popolo dei sacerdoti le Orazioni con non men fervore di devote preci accompagnate, mentre il rispetto di sì alta Persona il richiede, la Sapienza l’esige, e un grato animo a tanta Clemenza v’astrigne, vi forza e il comanda.

Dat: in Chiusi il dì 17 ottobre 1769.

Il Granduca aveva dormito a Chiusi e alzatosi di buon mattino, dopo aver assistito alla Messa celebrata dal Vescovo, riprese il suo viaggio recandosi dapprima a Cetona, poi salendo sulla montagna di Cetona giunse a San Casciano. Ad attenderlo fuori dalla porta del paese trovò le autorità civili ed ecclesiastiche, ed acclamato dal popolo sancascianese si diresse a cavallo verso le Terme, qui bevve due bicchieri dell’acqua della Ficoncella mentre, al riparo del portico eretto da Ferdinando I, il Dottor Annibale Bastiani gli illustrava le proprietà delle sorgenti termali delle quali Pietro Leopoldo rimase colpito dal loro calore e dalla loro abbondanza. Dopo la visita alle Terme il Granduca fece il suo ingresso in paese, si fermò a pregare nella chiesa di Sant’Antonio in quanto la Collegiata era oggetto dei lavori di ristrutturazione dei fratelli Barchi, ed infine si fermò nel Palazzo dell’Arcipretura dove don Ulivieri gli offrì il pranzo. Sempre nel Palazzo dell’Arcipretura ascoltò le istanze dei rappresentanti del popolo sancascianese. Dopo un breve riposo riprese il viaggio verso Celle e Radicofani.

Nel periodo in cui visitò San Casciano, Celle e Radicofani fu pressato dalle tre comunità sul problema della via traversa che doveva unire San Casciano alla via Romana (l’antica Francigena). La realizzazione di questa strada aveva già consumato numerose risorse finanziarie delle tre comunità ma non aveva avuto la riuscita sperata per via della fraudolenta condotta del Capo Mastro dei lavori, questi, approfittando della latitanza del controllo del Provveditore delle Strade di Siena, evitò di realizzare numerose curve, compromettendo la “barrocciabilità” della strada in quanto si vennero a creare lunghe e ripide salite che ostacolavano la marcia dei calessi e delle carrozze. La giustificazione addotta dal Capo mastro alla Consulta di Siena, al momento della contestazione del lavoro, fu quella di aver voluto creare «dei belli colpi d’occhio». I lavori gli furono tolti ma ormai il danno era fatto e si dovevano ricercare le soluzioni: la prima era quella di lasciare la strada così come era, ed era caldeggiata dai radicofanesi i quali non avevano intenzione di spendere altri soldi per una strada che non li interessava e che avrebbe comportato onerose manutenzioni; la seconda era quella di costruire una nuova strada che da Ponte a Centeno salisse direttamente a San Casciano tagliando fuori Celle e Radicofani, questa era stata pensata dallo Ximènes; l’ultima era quella di modificare l’attuale percorso introducendo delle curve per limitare la pendenze delle salite e renderla quindi agibile, questa era caldeggiata in particolare dai cellesi, i quali temevano di essere tagliati fuori dal raccordo alla via Romana dopo aver contribuito finanziariamente alla realizzazione della prima strada se fosse passato il progetto dello Ximènes; anche per i sancascianesi il riadattamento della strada appena fatta garantiva una minor spesa, sia perché si trattava di lavori di miglioramento, sia perché le spese della manutenzione periodica sarebbero state minori in quanto venivano suddivise fra le tre comunità in base ad una competenza territoriale.

Il problema di questa strada non venne dimenticato dal Granduca, il quale tornato a Firenze stanziò 21.000 lire a favore di San Casciano per terminarla.

Nelle sue Relazioni sul Governo della Toscana Pietro Leopoldo riporta anche la sua opinione personale sui paesi del Vicariato di Radicofani appena visitati: «Radicofani è un castello situato sopra un altissimo monte affatto nudo, ove sono alcuni pastori ed il resto tutta gente miserabile. Vi era un convento di minori conventuali che è stato soppresso. Ha sotto di se la Terra di Celle popolata con mercanti di bestiame che l’inverno vanno in Maremma; Campiglia d’Orcia paese povero; San Casciano dei Bagni, potesteria e piccola Terra bastantemente popolata con qualche benestante, conosciuta per le sue acque minerali e bagni, che sono molto vantaggiosi e salubri: è stato dal governo assegnato un sussidio di L. 21.000 a questa Comunità per rifare la strada di questa Terra per comodo di chi venisse a prender l’acqua; Pian Castagnaio, feudo del Marchese del Monte, e la Badia San Salvadore sono due grosse Terre ben popolate nella Montagna di Santa Fiora in mezzo alle più belle coltivazioni di castagni e di pasture: tutti possiedono, ma poco e sono tutti rozzi, ignoranti, dediti al vino ed alle risse; alla Badia San Salvadore vi era una grossa badia di cistercensi che furono soppressi per accomodare le cure e formare i patrimoni ecclesiastici in Toscana. Sotto Radicofani sono i Bagni di San Filippo, ove si fanno delle concrezioni curiose di Tartaro». Da una visione generale delle descrizioni degli altri vicariati si rileva che San Casciano è l’unica stazione termale dell’antico territorio chiusino degna di essere notata da Pietro Leopoldo, se si esclude l’annotazione della presenza di una grande vasca per i bagni presente a Bagno Vignone.

Sempre dalle Relazioni del Granduca si rileva che un forte terremoto colpì nel 1777 San Casciano, Celle, Radicofani e Abbadia San Salvatore, tanto che lo stesso Pietro Leopoldo inviò il Cancelliere Civile Fancelli a «… vedere tutti i danni fatti dal terremoto, animare il popolo, dare le istruzioni necessarie ai giusdicenti, provvedere ai soccorsi e riferire quelli che ne hanno bisogno, risarcire le case, trovare i materiali per accomodarle e assicurarle e anche le chiese, perché prima dell’inverno tutti ritornino al coperto».


 

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