La famiglia Carducci a Celle, 1851-1854

Le vacanze estive di Giosuè Carducci impreziosiscono la storia di Celle sul Rigo, le sue passeggiate, la sua amicizia con Ercole Scaramucci e lo struggente panegirico al funerale dell’amico troppo presto scomparso legano il poeta a questa terra.

Ma oggi vogliamo conoscere più da vicino gli altri componenti della famiglia che per tre anni hanno quotidianamente vissuto nel paese e con i suoi abitanti, ovvero Michele Carducci, Ildegonda Celli sua moglie ed i loro figli Dante e Valfredo.

Michele Carducci era un medico, figlio di Giuseppe che con una vita dissoluta aveva sperperato tutto il patrimonio familiare, lasciando il figlio in quelle ristrettezze economiche che lo accompagneranno per una vita. Forse in contrapposizione proprio con il padre, reazionario fino al midollo, in Michele crebbe l’anima ribelle che lo portò ad iscriversi alla carboneria e nel 1831 a partecipare ad una cospirazione volta ad arrestare il Granduca Leopoldo II ed ottenere la costituzione. La congiura fallì e Michele si trovò a scontare 12 mesi di confino a Volterra dove conobbe la futura moglie Ildegonda Celli.  

Tornato libero conseguì a Pisa la laurea in chirurgia, ma non quella in medicina, cosa che in seguito gli porterà molti problemi.

Dopo un periodo di lavoro presso una società mineraria a Valdicastello in Versilia, iniziò una vera e propria peregrinazione in giro per la Toscana a ricoprire condotte mediche, sempre inseguito dai sospetti e pregiudizi per le sue idee politiche. Era sì un bravo medico, ma anche con un carattere brusco e litigioso, pronto a sobillare i contadini contro le prepotenze feudali. Ebbe così i primi problemi a Bolgheri dove ricevette alcune fucilate di minaccia sul muro di casa, quindi si trasferì a Castagneto, ma anche da qui fu costretto a scappare dopo aver guidato una sommossa dei contadini contro i conti della Gherardesca. Si trasferì quindi a Laiatico nell’aprile del 1849 dal quale fu costretto a fuggire dalla furia dei reazionari e per alcune ore fu in stato di arresto a Pisa. Liberato si trasferì in fretta e furia con tutta la famiglia a Firenze in un misero appartamento di Via Romana. In città la professione di medico non rendeva, la concorrenza era tanta, l’occhio vigile delle autorità non lo perdeva di vista, così per assicurare un minimo di sostentamento alla famiglia accettava brevi condotte o sostituzioni nei vari paesi del contado fiorentino, al resto provvedeva la moglie con lavori di cucito e ricamo. Giosuè (nato nel 1835) e Dante (nato nel 1836) andavano alle Scuole Pie degli Scolopi, Valfredo (nato nel 1841) era ancora piccolo.

Una piccola luce di speranza per Michele si accese con il bando pubblicato sul Monitore Toscano dal Comune di San Casciano dei Bagni per la copertura della condotta di Celle sul Rigo.
Il posto era lontano, la paga era di 100 lire al mese. Si poteva fare e Michele presentò la domanda.

A San Casciano erano già andati deserti tre bandi per la copertura del posto di medico di Celle sul Rigo, la situazione cominciava a divenire insostenibile e l’arrivo della domanda di Michele sembrava poter risolvere il problema. Ovviamente fu accettata anche la richiesta di aumento dello stipendio da parte del Carducci, portandola a 120 lire mensili per i cinque mesi previsti dal bando stesso. IL Consiglio sorvolò infine sulla mancata presentazione della Matricola Medica che il Carducci diceva essersi smarrita a Grosseto quando si era presentato per un posto di chirurgo all’ospedale, riservandosi però di presentarla il prima possibile.

Il dottore Michele Carducci giunse a Celle il 12 aprile del 1851 provenendo da Dicomano dove nel frattempo aveva accettato un breve interinato.

Forse preceduto dalla sua fama di elemento politicamente ribelle, sembrò avere l’iniziale diffidenza almeno del Cancelliere Comunitativo, ma ben presto riuscì ad accattivarsi la simpatia e la fiducia dei cellesi per il modo generoso e disponibile con il quale si rapportava a loro nella sua professione. Così dopo i cinque mesi previsti, chiese ed ottenne di essere nominato di ruolo nella condotta di Celle sul Rigo.  Un po’ per la necessità di garantire un medico a Celle, un po’ perché il Carducci svolgeva bene il suo lavoro il Comune gli confermò da subito un aumento di venti lire al mese oltre le previste 100 assegnate al titolare della condotta.

Il 16 settembre 1851 chiese ed ottenne di poter lasciare Celle per una vacanza di 15 giorni per andare a trovare la famiglia a Firenze e preparare il successivo trasferimento a Celle della moglie e dei figli.
La situazione finanziaria della famiglia Carducci però non migliorava, c’erano le spese per mantenere la famiglia a Firenze, quelle per far studiare i figli, la pigione della locanda dove viveva a Celle, a queste spese fisse si aggiunsero anche i costi del viaggio a Firenzee le casse familiari si trovarono vuote, così Michele si decise a chiedere il 15 dicembre 1851 un primo contributo straordinario al Comune:

Ill.mi SS. Componenti il Consiglio Municipale di S. Casciano dei Bagni.
Il sottoscritto Medico Chirurgo Condotto nella terra di Celle Vi chiede una sovvenzione di L. sessanta. La più grave emergenza lo costringe a questo passo e crede di onorarvi, Ill.mi SS., avendo fiducia nella Vostra Generosità. Suole richiedersi un titolo per riconoscere un Diritto a qualunque inchiesta; ma io senza scandagliare sulle condizioni che potrebbero avvicinarsi all’entità di un diritto Vi prego, o Ill.mi SS., a gettare un’occhiata sulla molteplicità delle mie ingerenze derivante da numerosa popolazione sparsa in vasto territorio, cui debbo presiedere come Medico Chirurgo mentre a me non spetterebbe quest’ultima ingerenza; Vi prego a reflettere come l’assistenza e l’esercizio ostetrico mi abbia ridotto ad impiegare nottate intere presso il letto delle partorienti; Vi prego a reflettere che niuna risorsa a cui si dà titolo d’incerto può sperarsi da questa povera popolazione; Vi prego a reflettere che l’acquisto del combustibile e il prezzo delle pigioni a tanta esuberanza da non avermi incoraggiato ancora a riunire presso di me la propria famiglia; Vi prego a reflettere che quando io fui ricercato onde condurmi a cuoprire questo posto in qualità d’interino, apprendevo da una lettera diretta al commissionato che al posto di Celle sovrastava la certezza di uno stipendio di L. centoventi al mese.
Tutto questo sottopongo alla saviezza di Voi Ill.mi SS. e Vi prevengo che niuna pratica preventiva io feci per acquistare o simpatie o protezione speciale, unicamente reclamo il voto favorevole della Vostra Coscienza.
Delle SS.VV. Ill.me
Ossequiosissimo
Michele Carducci

Non proprio convinti i Consiglieri Comunali, che già ritenevano congruo lo stipendio di 100 lire e che già avevano aumentato a 120, votarono a favore di un sussidio straordinario motivandolo più che altro del fedele assiduo servizio da lui prestato a sollievo della languente umanità, gli accordano per questa volta soltanto e con che non passi per esempio una gratificazione di lire cinquanta.

Ai primi di maggio 1852 giunsero a Celle anche Ildegonda ed i figli Dante e Valfredo, mentre Giosuè rimase a Firenze con lo zio Giuseppe a terminare il corso di filosofia per poi raggiungere il resto della famiglia ai primi di settembre.

Michele, nell’aprile del 1853, partecipò insieme a Giosuè ad un’accademia letteraria in onore del cardinale Caterini ad Acquapendente e il loro lavoro dette vita alla pubblicazione dell’opuscolo In occasione che la città di Acquapendente l’aprile del 1853 festeggiava con Accademia Letteraria la tutela accordatale da S. Eminenza il Cardinal Caterini saluti e conforti.

Il 17 ottobre 1553 giunse alla famiglia a Celle la notizia che Giosuè aveva ottenuto un posto gratuito alla Scuola Normale di Pisa, andandosi così a delineare il distacco dalla famiglia e dai cellesi di Giosuè che solo pochi giorni prima (il 14 ottobre) aveva celebrato l’amico Ercole Scaramucci in occasione del suo funerale.

Mentre Giosuè riempiva di gioia Michele ed Ildegonda, gli altri due figli li angustiavano e affliggevano, il secondogenito Dante forse era più intelligente di Giosuè ma era svogliato e leggero trascorrendo l’intera giornata nel dolce far nulla, continuamente in cerca di divertimenti e di svaghi sentimentali, già alle Scuole Pie, pur andando bene, non si applicava per nulla. I poveri genitori lo rimproveravano, portavano ad esempio Giosuè, ma senza successo, così provarono a trovargli almeno un lavoro, ma non ci fu mai verso nemmeno in questo. Il più piccolo, Valfredo, aveva quattordici anni, al momento non dava problemi, ma sembrava poco portato agli studi.

Dopo essere stato scartato anche dall’esercito, Dante tornò a Celle e continuò una vita molto simile a quella del nonno Giuseppe Francesco: dissipatore, donnaiuolo, avido di godimenti, pronto alle grandezzate, però Dante non aveva il patrimonio del nonno e quindi metteva ancora più in difficoltà le già precarie condizioni economiche di Michele.  Le occupazioni di Dante erano il gioco, la caccia, il correre dietro le ragazze, le veglie in questa o quella casa, i lunghi sonni mattutini.

Dante quindi “visse” sicuramente di più il paese di Celle rispetto a Giosuè e la sua vita la possiamo leggere nelle lettere che scriveva al fratello:

Io faccio la medesima vita di quando eri qua tu, ma forse un pochino meglio, perché la mattina dopo le 9 vi ho la lezione latina, che mi fa stare occupato fino la notte (poiché non faccio niente e poi niente il giorno). Giorni sono stiedi fuori di casa tre giorni, ed eccoti il perché: s’andiede con il Faveri e due fratelli Nutarelli a civettare, e siccome l’acqua ci prese per la strada, ci toccò a stare tre giorni e tre notti, in qua e in là per i poderi.

Mi levo la mattina alle ore 7,30, m i vesto, prendo il caffè, mi lavo e quindi vado in campagna; torno alle 10 oppure alle 10,30, mi metto in camera e leggo, oppure scrivo e faccio disegni. A mezzogiorno mangio, al tocco vado fuori e fumo un sigaro, quindi sto in giro fino alle 4,30; a quest’ora vado dal vecchio Caramelli a fare scuola etc., esco di questa casa e vado in casa Nutarelli a fare scuola alla sorella e figlia di Martino e qui faccio le 7; alle 7,40 vado a cena, indi riesco e vado a fare all’amore con la Laura in casa sua, dandogli ad intendere che la sposerò; etc. etc., e qui mi trattengo fino alle 10 oppure fino alle 11. Sopra questo proposito ci avrei da scriverti per un mese, ma mi riserbo tutto per questo luglio. Questa è, quasi sempre, la mia vita giornaliera.

Se Ildegonda, nonostante tutte le preoccupazioni, voleva avere vicino Dante per proteggerlo, Michele se ne faceva una malattia, lo voleva sistemare in qualche modo, sperava che grazie alle amicizie di Giosuè lo prendessero nella Guardia di Finanza e che succedesse il prima possibile in quanto la condotta spendereccia ed oziosa del figlio non faceva che accrescere i debiti della famiglia. Così Michele divenne via via più chiuso ed irritabile, cominciò a prendersela con il Comune ritenendo di non essere adeguatamente stipendiato, si narra che prese anche a schiaffi il Gonfaloniere. Ci si metteva anche Giosuè che invece di avere soldi dal padre riceveva solo raccomandazioni ad essere parsimonioso.

I rapporti con il Comune si andavano guastando, nel novembre del ’52 scisse di nuovo per avere una nuova gratifica per aver svolto operazioni di alta chirurgia, per aver sostituito il medico di San Casciano Giulio Giorgini per due settimane quando questi era malato e per essere venuto tre volte a San Casciano per le visite di Leva. Questa volta i Consiglieri non accettarono, anche per paura che queste richieste assumessero un carattere ricorsivo dopo quella dell’anno precedente, così con 8 voti contrari su dodici respinsero la richiesta di 80 lire che invece accordarono al medico di San Casciano, a questo punto prevalse però il buon senso e fu accolta la successiva proposta di concederne almeno 60 anche al Carducci.

Si arriva così al 12 luglio 1853 quando il Carducci fu scartato dal concorso per la condotta medico-chirurgica di San Casciano in quanto ancora non aveva prodotta la Matricola Medica. Vinse il posto il Dottor Castellani che finì subito per entrare in contrasto con il Carducci fino a rifiutarsi a partecipare ad una grave operazione su una contadina a Burborigo. Michele se la prese sia con il Castellani che con il Gonfaloniere Mucciarelli, esacerbando ancora di più l’animo di quest’ultimo, mentre a Celle dopo aver perso l’appoggio e la protezione di Ercole Scaramucci per la sua morte trovava ora l’aperta opposizione di suo padre.

Il Gonfaloniere ed il Consiglio Comunale però avevano un asso nella manica contro Michele Carducci: la questione della Matricola Medica ancora non presentata, così in occasione della riconferma triennale l’8 maggio del 1854 il Comune la richiede nuovamente a Michele ed ancora una volta non viene prodotta.

Frattanto e molto velocemente si viene a delineare una nuova vicenda come a Bolgheri dove a fomentare le accuse contro Michele furono il pievano ed il fattore, così varie denunce arrivano alla Prefettura di Siena dove si stila un fosco rapporto che dipinge Michele Carducci come dedito ad abituale ubriachezza, solito a scendere ad ingiurie, minacce e proteste di vendetta verso coloro che lo ricercano per essere assistiti e che non essendolo accennano di reclamare, facile a commettere irregolarità ed errori in professione, anche perché non fornito di matricola, da compromettere alcuna colta l’esistenza dei malati, irreligioso fino al punto di far mancare agli infermi gli ultimi conforti della Chiesa, e proclive alla bestemmia, di maniera che non gode si alcuna stima e fiducia nel Publico.

Di punto in bianco si passa così dal considerare Michele un bravo ed apprezzato medico al quale si sorvola sulla mancata produzione della Matricola Medica ad individuo inetto, negligente, pericoloso.
Le accuse vengono in parte confermate dalla Prefettura pur senza ascoltare l’accusato. E poi mancava la famosa Matricola Medica, così appellandosi a tale mancanza il Prefetto invita il Consiglio Comunale a licenziare Michele.

Il Gonfaloniere però non vuole procedere sulla base delle accuse (probabilmente falsificate o ingigantite) ma semplicemente procedendo sulla strada della Matricola Medica, la richiede personalmente all’Imperial e Real Collegio Medico di Firenze e nei loro registri non viene trovato nulla. Per Michele si profila una ulteriore accusa di falsa dichiarazione.

A Michele crolla il mondo addosso, si sfoga con il figlio Giosuè e nella sua lettera si coglie il segno di un uomo impensierito per l’incerto avvenire dei figli e di un professionista offeso ingiustamente nella sua dignità.

Sapendo che il Consiglio Comunale si sarebbe riunito a breve per discutere il suo caso, Michele il 26 luglio 1854 scrisse al Consiglio Generale della Comunità di San Casciano dei Bagni rassegnando le proprie dimissioni dall’impiego di Medico di Celle e mi determino a farlo in questa sera poiché giunge a mia saputa che dimane il Consiglio Generale delibera una risoluzione in tal proposito. Il Consiglio, ovviamente, accettò le dimissioni di Michele ma allo stesso tempo lo salvò dalle accuse mosse dalla Prefettura e quindi dall’umiliazione di negargli la conferma e di parlare degli addebiti a lui fatti in quanto che con la renunzia Carducci viene a cessare l’oggetto di richiamo contenuto nella Ministeriale [della Prefettura di Siena datata 5 giugno 1854].

Michele, privo del lavoro e sommerso dai debiti, vende i propri mobili (tranne la libreria) e confida nell’aiuto di Giosuè e delle sue conoscenze per essere assunto negli stabilimenti di Larderello anche come operaio.

Intanto viene nominato il nuovo medico di Celle, ma questi tardava ad arrivare, così Michele si trovava ad assistere i cellesi, cosa che lo portò ad essere accusato di sobillare gli abitanti e chiederne l’allontanamento da Celle, ma questa volta l’intervento del delegato di Radicofani intimò al Gonfaloniere che fosse lasciato in pace.

Veramente senza un centesimo, Michele scrisse al Prefetto affinché intervenisse per convincere il comune a pagarli quello che gli spettava e ancora non era stato liquidato, così il Gonfaloniere fu “costretto” a liquidare al Carducci L. 16 per gratificazione del vaiuolo vaccino inoculato a 48 fanciulli nell’anno 1854 e L. 84 per remunerazione del servizio prestato in alta chirurgia, oltre gli obblighi che egli aveva, e così la soma in tuto di L. 100 ritenendo di saldare ogni sua richiesta nei titoli affacciati.

Con il saldo degli ultimi emolumenti si chiude definitivamente il rapporto fra il Carducci e il Comune, ma Michele continuava a visitare e curare i cellesi che non si fidavano del nuovo medico, il quale a sua volta se ne lamentava con il Gonfaloniere che però ormai aveva vinto la sua battaglia e non se ne interessava più.

E’ Dante che scrivendo a Giosuè ci racconta l’ostilità dei cellesi nei confronti del nuovo medico: Insomma quanti ammalati ha curato e tanti sono morti. Figurati tu che quando passa gli gridano dietro: Mira che bel somaro, peccato che non sia domato a soma: arri là, truuu siii … […] Una mattina dopo essersi levato andava per aprire l’uscio di casa, ma gli era impedito da un oggetto che forzava al di fuori. Indovina un po’ che cosa fosse? Una manna di fieno legata all’uscio che impediva l’apertura. Un’altra mattina vi trovò un mucchietto di fave e orzo cotto.

Nel frattempo si libera un posto di medico chirurgo a Piancastagnaio, così dopo aver lasciato passare due bandi andati deserti, al terzo, il 24 ottobre 1854 presenta la sua domanda. Michele è scettico, Dante invece è positivo, scrive al fratello che a Piancastagnaio il padre era conosciuto per essere un bravo dottore e che avrebbe trovato il favore del locale Gonfaloniere. Ha ragione Dante e il 14 dicembre il Consiglio Comunale pianese approva la nomina a Medico Chirurgo Condotto della Comunità di Pian Castagnaio del Dott. Michele del Sig. Giuseppe Carducci, oriundo di Pietra Santa, attual condotto di Celle.       

Dante morirà a Santa Maria a Monte la sera del 4 novembre 1857, si suicidò con un ferro chirurgico del padre.

Michele , dopo una vista di stenti e tristezza morirà, sempre a Santa Maria a Monte, il 15 agosto 1858.

Ildegonda morì a Bologna nel 1870 dove dal 1860 Giosuè ricopriva la cattedra di eloquenza italiana presso l’Università felsinea.

Valfredo invece dopo essersi arruolato volontario nella guerra d’indipendenza lavorò nella redazione del quotidiano «La Nazione» di Firenze. Nel 1879 divenne ispettore scolastico e lavorò in molte scuole italiane finché non gli giunse la nomina a direttore della neonata Scuola Normale di Forlimpopoli, incarico che resse fino al 1910, quando fu collocato a riposo. Morì il 30 aprile 1919 a Piazza Armerina (Enna).

Ildegonda Celli (1815-1870)

2 pensieri riguardo “La famiglia Carducci a Celle, 1851-1854

  1. A me risulta che Giosuè Carducci sia nato a Valdicastello – Pietrasanta, provincia di Lucca il 27 luglio 1835 da Michele Carducci medico e da Ildegonda Celli.
    Perché non lo scrivete questo??

    "Mi piace"

Lascia un commento