Dentro la Repubblica di Siena: il Podestà

Con il nostro paese definitivamente passato sotto Siena, andiamo a vedere come era amministrativamente strutturato nella nuova compagine statale dopo il lungo dominio feudale dei Visconti di Campiglia.

Per questo ci appoggeremo allo Statuto approvato nel 1623.

Va premesso che all’interno della Repubblica di Siena le singole comunità godevano di ampia autonomia amministrativa, regolata dai Capitoli di sottomissione e dai propri Statuti. L’autorità centrale era rappresentata da funzionari nominati dalla capitale e residenti nei singoli paesi e castelli: Podestà e Vicari.

San Casciano fu sede di Podesteria, carica alla quale veniva nominato annualmente un senese, spesso appartenente alle più importanti famiglie come Piccolomini, Tolomei o Petrucci.

Il Podestà amministrava anche la giustizia civile e mista sia su San Casciano, sia sui vicariati di Celle sul Rigo e Fighine.

Il Podestà iniziava il suo incarico il primo di maggio e durava un anno, al termine del quale un’apposita commissione ne valutava l’operato.

Il Podestà, per prima cosa, prestava giuramento davanti ai rappresentanti della Comunità di osservare, et mantenere li Statuti che gli saranno presentati, di esercitare rettamente e diligentemente la Giustizia, di modo che a ciascuno sia fatto il giusto, et il dovere, et exeguire tutto quello che è tenuto per interesse del publico e de i Particolari.

Il compito principale era, appunto, quello di amministrare la Giustizia in tutte le cause civili, criminali o miste, appoggiandosi ad un Notaio indicato dal governo senese. La legislazione preminente era quella locale:  sia obligato osservare li Statuti del luogo, et in defetto di quelli, ricorrere alla dispositione della Città, et dove quelli non disponessero, s’osservi la consuetudine inveterata del luogo, dove non vi fusse Statuti ne consuetudine per la decisione si ricorra alla decisione della Legge, e ragion comune.

Doveva poi vigilare ed assicurare che tutto l’apparato amministrativo funzionasse, a partire dalla viabilità: che sieno ben tenute le strade della terra e della Corte et con l’autorità sua comandare consegli agli Viarij quali ogni sei mesi saranno eletti dal Consiglio che sieno fatte accomodare e resarcire le strade fonti ponti che haveranno bisogno di resarcimento e con ogni speditione per rimediare à pericolo, e pregiuditio maggiore et in ogni caso che mancassero possi punirli della pena ordenata dallo Statuto sopra li Viari.

E, siccome la fonte principale di ricchezza per San Casciano era quella dell’economia termale, nello Statuo troviamo molti punti a tutela di questa, ed anche il Podestà non era esentato nell’assicurare: che la Terra stia abbondante di pane, carne, et altre cose necessarie al vivere, e per il Populo, et per li forestieri che concorrono alli Bagni, correggendo e gastigando rigorosamente quelli che fussero deputati, et mancassero nella carica loro, et in particolare nel vendere a giusto peso e misura.

Alcuni di questi Podestà hanno lasciato un segno ancora tangibile in San Casciano, a cominciare da Muzio Luti che, nel 1585, si adoperò a restaurare le strade, le fonti ed i bagni di San Casciano come è testimoniato dalla lapide a corredo del suo stemma gentilizio sulla facciata del Palazzo Comunale: VIAR. BALNEOR. ET FONTIS NSTAURATOR. e dalle piccole targhe che ancora oggi individuano via Muzia e via Tuzia, un gioco di parole che con via Luzia completano il nome di Muzio Luti. Il suo stemma era, fino a qualche anno fa, anche all’interno della fonte dei Prati, segno che aveva provveduto al restauro anche di quella fondamentale risorsa idrica potabile per San Casciano.

Anche i Manni ricoprirono più volte la carica di Podestà e nel 1631 fecero realizzare il portale di ingresso del Palazzo Comunale.

Un altro Podestà importante per la storia di San Casciano fu Antonio Maria Costanti che nel 1616, insieme al Vescovo di Chiusi Monsignor Orazio Spannocchi, pose fine alla lunga diatriba tra la Comunità e la Chiesa circa la disponibilità delle terre di quest’ultima proponendo alla Comunità di San Casciano di costituire una Collegiata “di sei, ò otto Canonici” dotandola dei terreni contesi.

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