Adesso restora la state passata che mai piovette

Questo 2022 verrà ricordato come uno dei più siccitosi. In particolare a San Casciano l’assenza di precipitazioni si protrae da tanto, troppo tempo.

Ma le bizzarrie meteorologiche non sono nuove, se ne trova traccia anche in passato quando, fra l’altro, facevano più danno in quanto i mezzi a disposizione per rimediare erano pressoché inesistenti.  

Un interessante cronologia meteorologica la possiamo trovare nel Diario di Ser Tommaso di Silvestro, un orvietano che oltre ad annotare i fatti salienti accaduti nei vari giorni, riporta con precisione gli eventi meteo che interessarono la città di Orvieto tra il 1482 ed il 1514. Eventi che poi non devono essere stati molto diversi da quelli sancascianesi per la nostra vicinanza alla città sulla Rupe.

Tra caldi secchi e asciutti, piogge alluvionali, grandinate, tuoni, fulmini e nevicate, ci si imbatte nell’anno 1507 che forse è quello che più rispecchia il nostro presente:

Memoria come non fu mai più veduto né inteso da persona che mai più fosse stato una seccità: idest da non piovare, quanto ch’è stato questo anno 1507. Et non se ne recorda persona alcuna de tal cosa; perché da mezo novembre passato in qua per fino a tucto agosto, non piovette mai tanto che bagnasse la terra, per modo a dire: adeo che fece grande danno alle vigne, all’uva, et se non piove presto se scorticaranno de molte bestiame. Et in questo anno molte fonte et rivi d’aqua se sonno seccate, che mai più se seccarono. Et fuoro calidissimi grandi, et non fu troppo bona recolta de grano, ma fu bello.

L’assenza o l’abbondanza di piogge comportava gravi ripercussioni nelle produzioni agricole ed alimentari dell’epoca, per questo Ser Tommaso riporta anche i prezzi dei prodotti agricoli il cui andamento era fortemente ed inevitabilmente influenzato dalle condizioni meteo.

L’importante è che le condizioni meteo estreme abbiano una fine, di solito è sempre stato così e speriamo lo sia ancora … Ser Tommaso ci ricorda infatti il primo, repentino, cambiamento:

Memoria come lo primo dì del mese de septembre del 1507, essendo stata tucta la state passata callidissima, con gran siccità, come n’ò fatta mentione qua di nante, et essendo piovuto la nocte nante molto bene, là verso la sera insino alle cinque hore de nocte, finaliter se voltò lo vento chiamato Rovaio overo Borreas et durò circha ad sei dì; adeo che fu uno grandissimo fredo, et incomenzò a carminare verso la nostra montagna, che parve una cosa inaudita de tanto caldo che era stato in cussì pochi giorni convertito in grandissimo fredo; adeo che bisognava che l’omo stesse adcanto al fuoco.

E poi giù, l’esatto contrario, con tutti i suoi relativi problemi:

Recordo et memoria come la luna de dicembre del 1507 sempre fu piovosa, et maxime più de po’ la quintadecima, che fu là presso ad Natale, che omne dì pioviva qualche ponto, ma la nocte pioviva forte con truoni et corruscatione sì terribile tempo de tronare ad longa; finaliter de po’ vespero venne una terribile piena al fiume della Pagla, perché piovette da longa et anque ingrossò terribil mente lo fiume de Chiane, adeo che giongniva la piena ad presso alle trave del ponte et passava la strata per tucto, et tucto lo piano era uno pelago, per ben più volte alli dì passati, et quasi in capo de tre o quatro dì, sempre Pagla menava una gran piena. Adesso restora la state passata che mai piovette. Dio ce ponga fine, chè dubito che guasterà omne cosa tanto piovare, et maxime tutti li lini sonno guasti per tanto acquazone.

Se oggi possiamo in qualche maniera porre rimedio alle avversità meteorologiche, o quanto meno ridurne gli effetti negativi grazie alle infrastrutture ed alla scienza, allora le soluzioni erano scarse e le fosche previsioni erano pressochè scontate. Ser Tommaso ci ricorda che nel 1511 da gennaio ad aprile non fece altro che piovere e far freddo, tutti erano rassegnati al fatto che caristia de grano et vino serrìa, perché mai non era sole chiaro sopra alla testa, sempre nulo o pioviva: lo grano non cresciva, né anque le vigne, per rispecto che havarìa voluto essere lo caldo e lo sole, et che era lo contrario, cioè fredo et piovare. Rimaneva da fare solo una cosa, affidarsi alla clemenza divina: Prego Dio che ce adiute et provega alli nostri bisogni et che tale cose ce remuova. Ci si affidava così alle processioni, ma non sempre avevano il risultato atteso e sperato: Intanto fuoro, per questo rispecto, facte 3 dì le processioni, ciò è lo mercordì de po’ Pasqua maiure, che fu a dì 23 d’aprile, et a dì 24 et a dì XXV, quale era ordinaria, perché era lo dì de Sancto Marcho, et niente de meno sempre piovette continuamente. Ancora fuoro facte sei dì le processione de tucti li conventi colli disciplinati, eppure sempre piovette. Fu necessario l’intervento diretto delle donne orvietane per veder tornare il sereno a metà di quel maggio del 1511: fuoro incomenzate le processione delle donne tucte vestite de biancho, et omne dì andavano omne reione da sé, alcuno reione, cioè Sancto Agnolo: ogie che fu martedì, lo dì de Sancto Bernardo, fuoro 75 coppie de donne, et sì c’erano certe coppie de frustati et nude che se andavano frustando, et andando per la ciptà cantando le lictanie: adeo che omne di circha ad 188 coppie de donne.  Le probabilità statistiche del ritorno al bel tempo e le pratiche devozionali se non superstiziose si incrociarono e Finalmente se incomenzò jere che fu a dì XVIII de maio ad conciare lo tempo. Abbiamo divagato sulla vicina Orvieto, ma condizioni meteo, crisi agricole e pratiche devozionali non devono essere state molto diverse da quelle nostre.

Lascia un commento