Un ospitalità particolare: il convento dei Cappuccini. Il viaggio

Era un venerdi il 29 marzo del 1697. All’alba alcuni uomini si preparavano a lasciare Ficulle, il tempo non prometteva nulla di buono. Nere nubi cariche di pioggia lasciavano presagire un difficile viaggio. Avevano girato in lungo ed in largo mezz’Europa, non sarebbe stato questo a spaventarli, ma si sbagliavano. Raccolte le poche cose e tirati sulla testa i cappucci uscirono fuori e, raccomandandosi a Dio, percorsero abbastanza bene le tre miglia che li separavano da Fabro.

Arrivati al castello di Fabro furono accolti dagli abitanti e dai sacerdoti, ma nonostante avessero predisposto loro un banchetto di benvenuto, il gruppo di viaggiatori fu costretto a declinare l’invito perché quello era un venerdì di Quaresima, anzi l’ultimo perché dopo due giorni sarebbe iniziata la Settimana Santa.

Salutarono la gente di Fabro e, digiuni, proseguirono il loro viaggio. Il tempo andava peggiorando e, a Dio piacendo, dopo altre due miglia giunsero a Salci e con loro arrivò anche la pioggia. Li accolse un loro confratello che era nel piccolo castello per la predica quaresimale, fecero una piccola colazione con lui e ripresero il cammino, questa volta non più soli, ma accompagnati da una pioggia che via via si faceva sempre più forte. E fu la fine del tranquillo viaggio e l’inizio di un incubo: sopra la pioggia “che quasi non ci potevamo muovere”, sotto un terreno “lubrico e sdrucciolevole in maniera che non vi si può fermare il piede, e la tenacità della creta rende disastroso e penoso oltre ogni credo”. Con l’aiuto di Dio e “dopo altre grosse miglia fatte con infinito stento e patimento” giunsero, stremati, a Palazzone. Qui venne in loro soccorso il Curato che li ospitò nella canonica e questa volta non rifiutarono la cortesia.

Ma chi erano questi viaggiatori così temerari? Cappuccini. Ma non semplici frati della regola di San Francesco, bensì il Ministro Generale dei Minori Cappuccini Bernardino d’Arezzo ed i sui collaboratori. Dalla sua nomina a Ministro Generale nel 1691, Bernardino (al secolo Bernardino Catastini, 1636 – 1718) aveva preso a visitare tutti i conventi dei Minori sparsi in Europa.

Ma riprendiamo il viaggio di Bernardino e dei suoi confratelli. Tre di loro erano in condizioni così critiche che rimasero a Palazzone, Bernardino e gli altri proseguirono il cammino insieme a frate Carlo da Lucca, vicario del convento di San Casciano che nel frattempo gli era andato incontro, ed era proprio il nostro convento la loro destinazione. Non fu una scelta saggia. Ancora una volta la pioggia, che più forte probabilmente non poteva cadere, li accompagnò nella dura ascesa a Fighine e poi, giù per la Perella, fino al convento di San Casciano dove giunsero più morti che vivi, tanto da affidarsi alle cure dei loro confratelli sancascianesi ed infine si abbandonarono ad un sospirato riposo per un intero giorno.

Perchè, se bene è vero che tutto il cammino d’hoggi, fino al convento non eccedè la lunghezza di dieci miglia, venne però accompagnato da tali circostanze di salita, scesa, fango, creta, acqua sotto e sopra, vento in faccia e digiuno addosso, che può compararsi senza dubbio ad ogni altra più grave, molesta e disastrosa giornata”, “quanto mai gli fosse accaduto in altra faticosa e lunga giornata di tutto il viaggio di sopra cinque anni”, così descrive quel viaggio Filippo da Firenze nel suo Itinera Ministri Generalis Bernardini de Arezzo.

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