Il Papa dimenticato

20 giugno 1667, sono passate da poco le ore 21:00 ed i Cardinali Francesco Barberini, Ernst Adalbert von Harrach e Antonio Barberini, formulano le domande di rito al nuovo Pontefice appena eletto: «Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?», alla risposta «Accepto» seguì la seconda domanda: «Quomodo vis vocari?», la risposta fù: «Clemens Nonus».

E così la Chiesa Cattolica, dopo diciotto giorni di Conclave, ebbe il suo 238° papa, CLEMENTE IX, pistoiese. Succedeva ad un altro toscano, il senese Alessandro VII (Fabio Chigi).

Vale la pena soffermarci sul Conclave perché vi troviamo Cardinali che in qualche modo sono passati per San Casciano o ne hanno incrociato la storia. Del resto sono stati tantissimi i prelati di ogni ordine e grado che facevano parte ed erano cresciuti nella curia di Urbano VIII (Maffeo Vincenzo Barberini) a venire a San Casciano per curarsi con le nostre acque, segno che negli ambienti pontifici romani le nostre terme erano conosciute ed apprezzate.

Alessandro VII era morto il 22 maggio 1667 ed il 2 giugno il Cardinale decano Francesco Barberini aprì il Conclave con la messa solenne dello Spirito Santo.  La politica aveva il suo peso all’interno del Collegio Cardinalizio, quindi si formarono subito i “partiti”, il più numeroso faceva capo a Flavio Chigi con 24 Cardinali, con Flavio troviamo il primo punto di contatto con San Casciano: suo zio Augusto, il fratello del papa Alessandro VII, trascorse molte stagioni di bagnatura a San Casciano. Il secondo gruppo era quello legato ai Barberini con sedici Cardinali. Seguivano poi il gruppo filospagnolo capeggiato da Federico Sforza e quello filofrancese di Rinaldo D’Este con sette Cardinali ciascuno. A questi quattro partiti si aggiungeva quello dei battitori liberi: dieci Cardinali dello “Squadrone Volante” coordinato da Decio Azzolini Juniore, il cui zio Lorenzo Azzolini fu un grande estimatore e frequentatore di San Casciano, di questo gruppo faceva parte anche l’Arcivescovo di Parigi Jean-François Paul De Gondi. Veti incrociati esclusero via via alcuni “papabili”, la fazione dei Chigi ne aveva due: Scipione Pannocchiesci d’Elci, al quale era contrario il Granduca di Toscana che voleva evitare un secondo papa senese consecutivo, e Girolamo Farnese che era osteggiato dallo “Squadrone Volante” e dalla fazione dei Barberini che, a sua volta, propose Giulio Rospigliosi. Ad una prima votazione il Rospigliosi prese due voti ed alla successiva sette, segno che la sua candidatura era considerata transitoria. Nel frattempo il Granduca di Toscana cambiò parere sul Pannocchieschi d’Elci che quindi fu riproposto dal Chigi, suscitando però la reazione dei Barberini con un vero e sicuro appoggio al Rospigliosi. La situazione era in stallo, i due papabili del Chigi non avevano i numeri per essere eletti quindi, su consiglio di Neri Corsini, ripiegarono anch’essi sul Rospigliosi che in fin dei conti era stato nominato cardinale da Alessandro VII e poteva rappresentare una figura “neutrale” o comunque non contraria alla casata chigiana.

La convergenza dei chigiani e dei barberiniani non era tuttavia sufficiente all’elezione, a sbloccare la situazione intervenne lo “Squadrone Volante” e la sera del 20 giugno fu eletto Giulio Rospigliosi con sessantuno voti su sessantaquattro elettori. A votare contro il Rospigliosi fu Neri Corsini, mentre Jean-François Paul De Gondi si rese protagonista di un fatto curioso: nel conteggio delle schede ne mancava una, nell’imbarazzo del collegio cardinalizio si indagò su cosa poteva essere successo, il Cardinale di Retz Gondi essendo scrutatore aveva dato la sua scheda a Charles Louis de Vendôme perché la inserisse nel calice con le altre ma questi se ne era semplicemente dimenticato.

Insomma, Pistoia aveva il suo Papa, un onore per la città toscana. Appena tre giorni dopo l’elezione, gli Ambasciatori del Granduca comunicavano la lieta notizia a Camillo, fratello del nuovo Pontefice.

A questo punto facciamo un passo indietro, al 24 giugno 1624 quando Domenico Ansani comunica l’arrivo di due giovani pistoiesi, ospiti a casa sua per curarsi con le nostre acque: Camillo e Giulio Rospigliosi.

Il nostro concittadino Domenico non poteva sapere che aveva aperto le porte di casa sua ad un futuro papa, anzi nella sua denuncia pone in risalto il fratello Camillo (nato il 21 aprile 1601) che già era Balì della Commenda di San Miniato e membro dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano. Giulio (nato il 27 gennaio 1600 e che nei nostri registri è citato con il secondo nome di Girolamo) era invece un giovane e promettente prelato che al momento ricopriva la cattedra di professore straordinario di filosofia all’Università di Pisa.

Molto probabilmente dopo quarantatré anni nessuno a San Casciano si ricordava che il papa eletto in quel 1667 aveva soggiornato da noi, così come oggi non siamo in grado di individuare la casa di Domenico Ansani, quindi qualsiasi casa del centro storico sancascianese potrebbe aver ospitato il futuro Clemente IX.

Clemente IX morì il 9 dicembre 1669 per due successivi ictus. Visse afflitto da calcoli renali e magari se fosse tornato a curarsi con le nostre acque queste avrebbero giovato alla sua salute. Il Dottor Bottarelli ci illustra nel suo volume “De’ Bagni di San Casciano” un’esperienza di cura su un trentacinquenne di Fano, venuto da noi per “liberarsi dalli dolori nefritici, i quali con generazione di calcoli, e renelle, lo molestavano, e di liberarsi da molte ostruzioni, che provava nell’ipocondri, per i quali pativa accidenti ipocondiraci. Si servì della Ficoncella in bevanda 14 giorni, & uno del Bagno Grande. Ripurgò le reni evacuando molti calcoletti, e renelle; superò l’ostruzzioni; e si partì consolatissimo”. A volte invece curare i calcoli poteva essere difficile e doloroso, ne sapeva qualcosa un cinquantaduenne senese che dopo aver bevuto “la prima mattina al Bagno Grande, e undici alla Ficoncella: spurgò le reni dall’impurità; e fece molti calcoli piccioli, e spugnosi”, a metà ciclo di cura incorse in un grave problema: “la settima mattina della bevuta, fece l’acqua un trasporto di materie viscose alla vessica, quali apportorno una suppressione, con fierissimi dolori di tutto il ventre inferiore. Non giovavano unzioni, fomenti, clisteri, panni caldi, & ogni altro rimedio applicato esteriormente, che preso per bocca, onde con dodici libbre d’acqua in corpo, senza modo di uscita, stava in pericolosissimo stato. Lo feci portare al Bagno del Bosso, dove immersosi, nello spazio di un quarto d’ora superò la difficoltà, con deporre un calcolo spugnoso, e molto grosso, e viscosità in quantità straordinaria. Seguì poi il resto della purga felicemente, senza minimo impedimento, orinando sempre meglio, e fece ritorno alla Patria in ottimo stato di sanità”.

Per rimanere invece agli incroci “sancascianesi”, Giulio Rospigliosi fu, insieme al papa Alessandro VII ed al Cardinale Francesco Barberini, uno dei primi a cui fu donato il ritratto di Ilarione Rancati dopo la sua morte, immagine che di lì a poco divenne un oggetto tanto ricercato che molti altri Cardinali, Prelati, e Signori, che somma premura dimostrarono d’aver presso di se il ritratto di sì illustre Personaggio. E perché troppo grande ancora era il numero di coloro, che bramavano aver copia di esso, stimossi spediente il farlo incidere in rame. Un altro punto di contatto fra Giulio Rospigliosi e la storia sancascianese è rappresentato dal suo incarico come Nunzio Apostolico a Madrid dal 1644 al 1653 dove ebbe sicuramente modo di conoscere un altro frequentatore di San Casciano, l’ex Ambasciatore di Spagna a Roma Manuel de Moura Corte-Real che dal 1648 era Mayordomo Sindaco del Palazzo Reale a Madrid.

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