Dell’insigne Collegiata di San Leonardo: L’investitura dei Canonici

Grazie al resoconto dell’ingresso del nuovo Canonico di San Leonardo agli inizi del 1778 possiamo avere un’idea del processo di investitura delle dignità capitolari della nostra Collegiata.

Il sacerdote che si accingeva a prendere possesso del Canonicato di San Leonardo, resosi vacante, era Don Giovacchino Puccini da Vernio.

La nomina, per via dello ius patronatus, spettava al Consiglio Generale della Comunità che procedeva alla votazione a scrutinio segreto fra una lista di sacerdoti che concorrevano alla carica, l’elezione doveva poi essere sottoposta all’approvazione dai Quattro Conservatori della Città e dello Stato di Siena ed infine dal Vescovo di Chiusi.

Dopo la nomina si rendeva necessario procedere all’inventario dei beni del Canonicato e grazie a questo possiamo avere un quadro descrittivo degli immobili e delle terre assegnate per il sostentamento del relativo canonico, in questo caso si tratta del Canonicato di San Leonardo:

Al podere Vernano, spettante alla predetta Prebenda Canonicale, fu ritrovata la fabbrica di una casa per uso del Colono, consistente in due stanze superiori, tutte con piantito di mattoni, mancante di scala, ossia cordonato per entrarvi.

La porta principale per andare in dette stanze superiori con suo uscio a due parti in buono stato, sostenuto da quattro gangheri, e quattro bandelle di ferro, con suo pestio di ferro esteriore a bancinello nel fine del manico di esso, sostenuto da quattro anelli pur di ferro, a due per porta, alcuni di essi allentati, senza serratura, e chiave, con sbarra di legno all’interno, e davanti la detta porta principale una loggetta con suo tetto coperta.

Nella prima stanza vi è il focorale in stato poco buono, dove sta il fuoco, mancandovi la pietra focorile, vi sono due finestre per dar luce, una con sue imposte di tavole in stato buono, sostenuta da due gangheri, e due bandelle, l’altra finestra senza imposta, il suo tetto è in stato buono, a riserva del legname, che è un poco tarlato, l’impiantito in alcune parti sconnesso, che fu asserito doversi accomodare a spese della Fabbrica della Collegiata della Terra suddetta, che percipe il fruttato avendoci per tale effetto ritrovato il muratore, mandatovi dai signori Deputati di detta Fabbrica.

Altra porta interiore per passare dalla prima alla seconda stanza, mancante di architrave, per esser caduto, con suo uscio ad una sola parte in buono stato, sostenuto da due gangheri, e due bandelle di ferro, con sua sbarra di legno nella parte posteriore, nella quale stanza vi è una finestra in fondo per dar luce alla medesima, con sua imposta di tavola in buono stato, sostenuta da due gangheri, e due bandelle di ferro, ha l’impiantito di mattone in stato ragionevole, il suo tetto è sostenuto da tre travi lunghe braccia tredici l’una, e queste restano assicurate da un cavallo lungo braccia undici e mezzo, secondo la misura fattane, il qual cavallo per essere tarlato, e inclinato, merita essere mutato; le dette tre travi ancora sono tarlate, ma sufficienti, vi sono delle correntajole tarlate, e inclinate, che vengono mutate a spese della detta fabbrica dal muratore suddetto, nel resto il detto tetto è in stato ragionevole.

Sotto le dette due stanze vi sono due stalle, una per il bestiame vaccino, e questa ha la porta con suo uscio di tavole in stato ragionevole, sostenute da due gangheri, ed una bandella di ferro sicchè vi manca una bandella, internamente vi sono due mangiatoje.

L’altra per bestiame pecorino, e caprino, alla porta d’ingresso vi è l’uscio ad una sola parte di tavole sconnesse, e senza traverse, anzi, è a due parti tutte sfracassate, sostenute da quattro gangheri, e tre bandelle di ferro, merita dunque essere rifatto tutto questo uscio, e rifatta la quarta bandella.

Sotto la loggetta sopra indicata vi è il forno, il quale merita essere resarcito nella sua volta.

Non si sono trovate altre fabbriche all’intorno di questo descritto casamento, le muraglie del quale sonosi trovate in stato ragionevole.

Intorno alla detta casa vi è un tenimento di terreno di estensione di più moggiate, parte lavorativo, parte sodivo, e parte macchioso di quercie, cerro, olmo, e spini, senza viti ed olivi, ed altri alberi domestici, il quale tenimento è composto da tutte le terre del Guado, cioè che sono dentro questa confinazione: principia dal Guado della Strada Vecchia fino al confino di Trevinano, e seguita giù per detto confino fino al Fosso di Trevinano, e seguita giù per esso fosso sino si congiunge con il fiume Elvella, e su per detto fiume fino al rientro in detto fossato di Grossano, e su per esso fino al predetto guado di Strada Vecchia, con li Canoni del Podere del Frassino dell’Opera.

Questa confinazione è stata copiata da me Potestà infrascritta dai Capitoli, obblighi, e pesi riguardanti i Canonicati eretti in detta Collegiata, esistenti registrati al libro intitolato =Memorie primo del Capitolo della Collegiata predetta= principiato il 1594 esistente nell’Archivio di detta Collegiata.

Questo tenimento di terra è in situazione di collina, per relazione di detto colono Pavolo Albani, e del Sig. Angelo Landi Affittuario vi si sementa un anno per l’altro di Grani otto sacchi, di stara cinque per sacco, a misura sancascianese, che è di libbre sessanta per ogni stara; Presentemente dai suddetti vi è in terra la semente di sacchi dieci di grano, di stara nove biada, e stara cinque di orzo, può crescersi la semente dissodando.

Per relazione dei suddetti il seme lo pone il Padrone, e alla raccolta se lo ripiglia dal monte comune, e poi si divide il resto, metà per ciascuno tra il Padrone, e il mezzajolo.

La macchia ghiandifera di quercie e, cerro, esistente in detto tenimento di terre, per relazione dei suddetti, è capace di mantenere due scrofe, ossiano troje matricine.

I pascoli di erba esistenti in detto tenimento capaci sono, per relazione predetta, di mantenere quattro Bovi, due Vacche, delle pecore, e delle capre.

In detto Podere vi è lavoratore da quattordici anni in quà Pavolo del fù Francesco Albani, Antonio suo fratello, con due figli, una sorella, e moglie, il quale tiene ancora a mezzaria il suddetto Podere di Pian del Frassino dell’Opera allineata al detto Sig. Landi.

Segue poi a descrizione di altre proprietà sparse costituenti i beni del Canonicato:

Una casa, e stalla, stara cinque di terra in contrada detta il Guado delle Tani= stara dodici di terra in contrada denominata =Pontoni=, stara tre di terra in contrada =Bagno a Loto=, e stara cinque di terra in contrada =Pian delle Murate=, tutti in corte di S. Casciano de’ Bagni.

Un pezzo di terra in contrada i Pontoni, oggi detto Assolata è spolto e sodo da molti anni confina con Angelo Mazzuoli lavoratore al Poderuccio dei Prati Pavolozzi, con un suo campo, il Podere delle Case Linghe Costantini, Sig. Giuseppe Cremani con il podere delle Ripe detto Colombaro Drelli, e la strada comune che porta a Radicofani, e se altri.

Un pezzo di terra in contrada Guado delle Tani è in situazione piana e sassosa e poco di natura sterile, confina la strada pubblica che conduce alle Piazze, la Commenda di S. Stefano del Cav. Covoni, Girolamo Pavolozzi e la Comunità di S. Casciano, e se altri.

Un pezzo di terra in contrada Pian delle Murate, in situazione piana e sassosa con alquante querci, e ci confina i RR Padri Servi con il Podere di tal denominazione, Sig. Annibale Bastiani e la via pubblica.

Un pezzo di terra in contrada Bagno a Loto non c’è chi sappia indicarlo.

La suddetta casa di 4 stanze e stalla fu venduta dal precedente rettore Innocenzo Borghini il 27 luglio 1746 al Dottor Mario Giuliani.

Oltre all’inventario dei beni spettanti al Canonicato, al nuovo canonico venivano ricordati i doveri propri della sua carica: doveva partecipare al Coro quotidiano due volte al giorno, partecipare alla turnazione con gli altri sacerdoti per la celebrazione delle funzioni religiose sia nei giorni festivi che in quelli feriali, celebrare una messa alla settimana con l’applicazione per il Popolo, celebrare 22 messe all’anno e fare la festa per la ricorrenza del Santo titolare del Canonicato.

Ma vediamo più da vicino come si svolgeva la cerimonia di investitura del Canonico:

Ingresso per la Porta Principale nella Collegiata sotto il Titolo di S. Leonardo della Terra predetta, e di poi, premessa una breve devota orazione avanti l’Altare Capitolare, alla presenza dell’infrascritti Testimonj, e del molto Reverendo Capitolo in abito, e dei Magnifici Signori Priori della Comunità predetta, con animo ed intenzione di acquistare il possesso della Prebenda Canonicale prenominata, di tutti i di lei Diritti, Onorificenze, e Prerogative, si pose a sedere nello Stallo vacante, sopra il quale esisteva appesa l’Arme di S.A.R., che in tal congiuntura fu levata e riposta nel Pubblico Palazzo Pretorio, e riposta al suo luogo; doppo portatosi all’Altar Maggiore di essa Collegiata, toccò con mano gli ornamenti del medesimo, movendo i Candelieri, e Carteglorie da un luogo all’altro, e di poi avanti il detto Altare à piè dei gradini del medesimo fu rivestito del Fregio Canonicale nel Braccio Sinistro, e postagli la Berretta in testa dal molto Reverendo Sig. Arciprete Giovan Pietro Olivieri Prima Dignità Capitolare, in seguito passato in Sagrestia toccò con mano i Calici, e i Sacri Abiti.

Il tutto poi si concludeva con la dichiarazione del Canonico di aver preso possesso della carica capitolare alla presenza dei testimoni, che nel caso di Don Giovacchino Puccini furono il Dottor Annibale Bastiani e il Sig. Andrea del Chirurgo Simone Angeloni, del Potestà Marcello del fù Dottor Ascanio Prosperini, dei Magnifici Priori della Comunità di S. Casciano e del Capitolo dell’Insigne Collegiata.

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