Dell’insigne Collegiata di San Leonardo: La bolla di costituzione

La Bolla di Fondazione dell’insigne Collegiata sotto il titolo di San Leonardo prevedeva che il primo Arciprete fosse stato uno dei tre Curati Porzionari, la votazione del Consiglio fu tra don Domenico e don Orazio, entrambi della famiglia Fabbrucci, la spuntò il primo con 102 voti a favore contro i 42 del secondo. Fu quindi Don Domenico Fabbrucci il primo Arciprete della nostra Insigne Collegiata.

All’Arciprete sarebbero spettati, oltre i beni che già deteneva quale Porzionario, anche 160 staia di grano (circa 30 quintali) sulle 300 complessive riscosse dalle decime, le contribuzioni in denaro e cera che annualmente la Comunità elargiva alla chiesa: 28 lire per la lampada del SS.mo Sacramento, 45 lire per le feste di San Cassiano e Santa Maria Assunta e 15 libbre (circa 5 kg) di cera bianca per San Leonardo.

Le prebende che costituivano l’arcipretura ed i canonicati della Collegiata erano costituite dai seguenti beni fondiari:

Prebenda di San Guglielmo

tutte le terre di la dal fosso di Grossano, cominciando dal guado di San Guglielmo e seguita per la strada sino alla Chiesa di San Guglielmo vecchia secondo la Tripartizione già fatta sino al confino di Trivinano, et ritorna su per detto confino, et rientra in detto Fossato di Grossano conforme alla detta Tripartizione”.

Prebenda di Santa Maria Assunta

tutte le terre di la da detto Fossato di Grossano e incominciando dal guado predetto, et camminando per detta strada, et così fin fino al confine di Trivinano, et seguita in giù per detto confino sino alla strada vecchia, che andava a Trivinano, e cammina predetta strada vecchia sino alla Fonte del Lupo, e da detta Fonte a capo la piana del Bagnolo fin che entra in detto Fossato di Grossano, e su per detto Fossato sin al predetto guado conforme alla Tripartizione predetta”.

Prebenda di San Bartolomeo

tutte le terre di Pratella confinante da una heredi di M. Mattia Leandri, heredi di Paraninfo Ansani, Paulo Emilio Starni, heredi di Mad.na Midea Pavolozzi il Fossato di Grossano, et altri notissimi. Item tutte le terre di Cuculella confinate da Domenico Bartolini, dal herede di M. Bartolomeo Fabbrucci, et altri notissimi confini. Item tutte le terre del Guerceto confinate dal Fossato di Santa Maria de alcuni beni di detta Chiesa, dell’opera della Chiesa dall’heredi di Meco Ciabattino, dall’heredi di M. Bartolomeo Fabbrucci”.

Prebenda di San Carlo

tutte le terre di Tegulaio confinante dal confine, et corte di Celle, dal Fiume Elvella e dalla Comunità di San Casciano. Item tutte le terre di Pavoncino con il Mulino e sue ragioni detto il Molino del Vescovo, con questo però detto Molino resti per lo spatio di dieci anni franco a Giulio di Domenico, al quale è stato allocato per il resarcimento, et accomodamento, e mantenimento di esso, et da renderlo conforme alle conventioni e decreti fatti con tutte le sue terre, et ragioni solite d’allocarsi”.

Prebenda di San Cassiano

tutte le terre in corte di Feghine con le case, che vi sono, dette il Poggio di Faullo confinante dalla Commenda del S. Cavaliere Aurelio Manni, l’Abbazia di San Pietro in quel d’Orvieto et altri della corte di Feghine. Item tutte le terre delle Scoppiaie. Item due prese di terra, che sono in Vitaleta, et tenute da Antonio di Marciano”.

Prebenda della Santissima Trinità

tutte le terre, che sono in corte di San Casciano in contrada le Ripe luoco detto Pianacce confinate dalla Comunità di San Casciano date a linea, con tutte le vigne e case, che in esse sono”.

Indistintamente alla Mensa Capitolare erano assegnate le seguenti terre, oltre alle 140 staia di grano delle decime avanzate da quelle assegnate all’Arciprete:

Le terre che al momento erano assegnate al Secondo Porzionario don Camillo Bulgarini e che sarebbero rimaste a lui fino alla morte: 2,6 ettari a Piandiceppo e 4,81 ettari divisi in sette porzioni in contrade difficilmente identificabili tranne 2600 mq alla Piscina. Ne facevano parte anche “la casa e stalla di San Guglielmo dentro in San Casciano”, 2600 mq di terra dove era stata la “vigna della Chiesa” ed “il Poderuccio di Stabbiano, con cappanna, et vigna nella corte di Feghini”.

Le terre che al momento erano assegnate all’altro Porzionario don Orazio Fabbrucci e che, anche per lui, rimanevano in usufrutto fino alla morte: “una presa di terra in corte di San Casciano contrada Fonte gata confinata dalla strada publica che va a Trivinano, et da Vittorio Manni, et Heredi di M. Bartolomeo Fabbrucci. Item due prese di terra di stara due, et dodici in circa in detta corte contrada Pontoni confinate dalla Comunità di San Casciano, et da M. Salustio Drelli. Item una presa di terra in contrada del Colle confinata da M. Pretiano Gratieschi, Madonna Chioprata Cesari et altri. Item un altra presa di terra contrada il Guado di sotto stara quattro confinata dai ss.ri orvietani, Fossato, et altri. Una presa di stara cinque Confinata dall’heredi di M. Bartolo Bartolozzi, Beni dotali di Donna Delia Bulgarini, la strada comune. Un altra presa di terra di stara otto incirca detta le Focaiole, un altra per indiviso con li heredi di M. Bartolomeo Fabbrucci di stara quattro in circa in detta contrada. Item stara uno di terra al morone. Item stara uno e mezzo di terra con tre opere di vigna in circa detta la vigna della Chiesa con la stalla et fienile. Item il Canone del Podere di Bagni che da l’opera et uno staio di grano, che ogni anno pagano l’heredi di M. Bartolomeo Fabbrucci per causa di staia quattro di terra incorporate nel loro Podere delle Lame, delli quali beni detto M. Horatio le ritiene l’usufrutto durante la vita sua della stalla et fienile predetto, della vigna, e terreno contiguo dello staro di terra al morone, della presa in contrada di Castelvecchio, che confina con l’heredi di m.o Bartolo, et il Canone del Podere dell’opera, e lo staro dell’heredi di m. Bartolomeo”.

Ed infine alla Mensa Capitolare spettavano le terre libere da usufrutto: “tutte le terre della Chiesa a Maccaiolo di stara otto in circa, et le terre sopra la forma che mette Mulino a Longa, tutte le terre delle Focaiole. Item stara diciannove in pian di ceppo, quali erano gia nella parte di M. Salvadore Priori con il Prato al Colombaio di Nino. Item staia sei in contrada di …. Item alla Pescina stara quattro alla mossa. Item stara tre in contrada del Bagno del Loto tenuta da Bartolino. Item stara due delli heredi di M. Bartolomeo Fabbrucci alla via croce, al Colombaio di ser Petro, Una presa in contrada del Pantano gia di Fiore, Una presa al Pian delle Murate di staia cinque in circa”.

L’Arciprete ed i Canonici della Mensa Capitolare avevano, ovviamente, anche degli obblighi e compiti che sono anch’essi riportati nella bolla di fondazione dell’Insigne Collegiata:

All’Arciprete era affidata la cura delle anime, doveva necessariamente servirsi dell’aiuto di due cappellani che poteva scegliere da sé sottoponendoli comunque all’approvazione del Vescovo. Doveva celebrare, o far celebrare, almeno tre Messe la settimana, pagare il cattedratico, l’imposta ordinaria annualmente dovuta al Vescovo, pari a 2 quintali di grano e 14 lire, provvedere alle candele, all’olio per lampada del Santissimo, vino e ostie per le Messe. Doveva ospitare il Vescovo ed il suo seguito nelle Visite Pastorali.

I Canonici dovevano celebrare, o far celebrare, almeno due Messe a settimana ciascuno, così come pagare il Cattedratico fissato in 1,25 quintali di grano e otto lire ciascuno.

Con le rendite della Mensa Capitolare dovevano poi pagare le 40 lire dovute al Predicatore della Quaresima che comunque restava di nomina della Comunità.

L’Arciprete ed i Canonici dovevano intervenire i Coro tutti i giorni per il Mattutino, le Ore, i Vespri e le Compiete. Ogni settimana doveva variare il sacerdote che cantava la Messa, affinché “le messe non si cantino sempre con i soliti Ministri”, solo nelle feste solenni era d’obbligo che lo facesse l’Arciprete.

In tutte le feste comandate erano poi obbligati l’Arciprete, i Cappellani ed i Canonici a celebrare la Santa Messa ed intervenire ai Vespri ed alle Messe cantate.

Ogni anno il Capitolo doveva eleggere un proprio Camerlengo per tenere la contabilità della Mensa Capitolare, suddividere e assegnare gli obblighi e prendere nota delle assenze per le conseguenti multe.

Permanendo in vita i due Porzionari don Orazio e don Camillo, così come il rettore della Cappella della Santissima Trinità don Manlio, la Bolla stabiliva che facessero parte del Capitolo ed avessero dignità inferiore solo all’Arciprete. Il Capitolo doveva poi nominare quattro chierici per servire le Messe “dui o uno per settimana successivamente, et scambievolmente”, ricompensandoli con 63 kg di grano ciascuno.

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