Strategie politico-militari alle terme

Maggio 1502, alcuni dei principali protagonisti della politica toscana hanno bisogno di incontrarsi, in modo discreto, per mettere a punto un piano che li dovrebbe avvicinare ai rispettivi obiettivi.

Il primo è Pandolfo Petrucci, ormai “signore” di Siena, per lui venire a San Casciano non è un problema, in fin dei conti è il padrone di casa.

Il secondo è Piero de’ Medici, il figlio di Lorenzo il Magnifico che non solo non ereditò l’acume politico del genitore, ma riuscì anche a farsi cacciare da Firenze. Quindi per lui ogni luogo, eccetto Firenze, era casa. Anche San Casciano.

I terzi erano Pier Antonio Lambardi e Nofrio Roselli di Arezzo, la loro città era il fulcro del piano che si andava delineando.

E tutti erano in attesa del quarto personaggio, il “braccio armato” dell’intesa: Vitellozzo Vitelli. Una presenza ingombrante per i sancascianesi, era infatti ancora vivo il ricordo del vile tradimento e saccheggio di cinque anni prima. Forse avrebbero fatto anche a meno di riaverlo fra le mura, ma i tempi erano difficili e pericolosi. Siamo nel pieno del tragico periodo delle Guerre d’Italia iniziate nel 1494, l’annus horribilis della discesa di Carlo VIII nella nostra penisola e proseguite con le ambizioni di Cesare Borgia “Il Valentino”. Per Vitellozzo non fu difficile far credere che il soggiorno di San Casciano fosse legato a problemi di salute, soffriva infatti di sifilide e di febbre quartana, malattie curabili rispettivamente con l’acqua della Ficoncella e con l’acqua della Caldagna.

Partiamo dall’obiettivo finale che i protagonisti dell’incontro stavano definendo a San Casciano: togliere Arezzo a Firenze.

Per i rappresentanti di Arezzo si sarebbe realizzata l’autonomia della loro città dal dominio fiorentino.

Per Piero de’ Medici si trattava di indebolire il governo fiorentino con la perdita del territorio aretino e rendere possibile il suo ritorno in città.

Pandolfo Petrucci da tempo aiutava Piero de’ Medici, indebolire Firenze significava irrobustire il suo potere a Siena e nel contempo avere mano libera nell’assicurare tutta la Valdichiana al dominio senese.

Per Vitellozzo era una questione personale. Dal 1498 era al servizio di Firenze nella guerra contro Pisa. Le truppe di Vitellozzo e di suo fratello Paolo furono impegnate in varie azioni sia nel pisano che nell’aretino, sia più vicino a noi con l’assedio di Castel Rubello nell’orvietano. Tornato all’assedio di Pisa evitò di dare il colpo di grazia alla città e per questo fu accusato di tradimento dalle autorità fiorentine ed arrestato insieme al fratello Paolo. Mentre Vitellozzo riuscì a fuggire, suo fratello fu condannato a morte e decapitato. Ai Capitani di Ventura bastava anche molto meno per passare al campo avverso, figuriamoci se ti ammazzavano il fratello, così Vitellozzo si schierò con Cesare Borgia meditando vendetta contro Firenze.

Come concordato e pianificato a San Casciano, la ribellione di Arezzo avvenne il 4 giugno 1502 grazie alle armi di Vitellozzo e Piero de’ Medici fece il suo ingresso in città prendendone il formale controllo. Intorno al mutato equilibrio politico si muovevano però i convitati di pietra non presenti a San Casciano: Cesare Borgia e i francesi. Se da un lato il figlio del Papa Alessandro VI si avvicinava con le sue truppe al territorio fiorentino, non nascondendo la sua preferenza per il ritorno dei Medici al governo della città, dall’altro i francesi erano interessati a contenere le mire del Borgia e quindi a supportare il governo fiorentino. Truppe francesi furono inviate da Asti alla riconquista di Arezzo che avvenne il 29 luglio e dopo un mese di occupazione la città fu restituita, il 25 agosto 1502 a Firenze.

La ribellione di Arezzo ebbe quindi vita breve, tre mesi, e non fu in grado di cambiare i destini dei partecipanti alla riunione di San Casciano.

Piero de’ Medici morì annegato nel fiume Garigliano vicino a Minturno (Latina) mentre era al servizio delle truppe francesi.

Pandolfo Petrucci, coinvolto nella congiura della Magione, riuscì a sopravvivere alla vendetta di Cesare Borgia alleandosi con i francesi. Morirà nel 1512 a San Quirico d’Orcia, di ritorno dai Bagni di San Filippo dove si era recato per curare l’asma, il 21 maggio 1512.

Vitellozzo Vitelli, anche lui fra i congiurati della Magione, non sfuggì alla feroce vendetta del Valentino finendo ucciso a Senigallia dai sicari di Cesare Borgia, assassinio politico descritto dal Macchiavelli nel suo Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il Signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini.

Lascia un commento