Dei saccheggi e degli assedi: 1497

A Siena perdurano le lotte per il governo della città tra le varie fazioni politiche: Noveschi, Riformati, Gentiluomini, Popolari. Anni di lotte, di tentativi di mutare gli organi di governo della città, di scontri armati, di morti e, soprattutto, di esilio degli avversari. A tutto questo si aggiunge il passaggio del re di Francia Carlo VIII e l’ambizione di Pandolfo Petrucci di divenire il Signore di Siena, dapprima in alleanza con Lucio Bellanti e successivamente in lotta, vittoriosa, con lo stesso Lucio per la supremazia assoluta.

Alle questioni senesi si univano anche quelle fiorentine con il conflitto tra la Repubblica gigliata ed i Medici in esilio.

Si incrociavano così gli interessi dei governi delle due città con i rispettivi fuoriusciti, così mentre Pandolfo Petrucci da Siena appoggiava Piero de’ Medici, i fiorentini appoggiavano i fuoriusciti senesi.

In questo “gioco” pericoloso ci siamo finiti anche noi. Il 20 febbraio 1497 infatti si presenta alle mura sancascianesi l’esercito di Vitellozzo Vitelli, Capitano di Ventura di Città di Castello, chiamato dai fuoriusciti senesi e “amico” dei fiorentini con i quali condivideva interessi reciproci, loro gli garantivano un appoggio in funzione antipapale, lui avrebbe permesso il loro recupero di Montepulciano in caso di un cambio di governo senese con il ritorno dei fuoriusciti.

I nostri concittadini avrebbero potuto opporre resistenza al Vitelli come avevano fatto 42 anni prima con Jacopo Piccinino, invece si fidarono delle assicurazioni di alcuni dei fuoriusciti senesi ed aprirono le porte all’esercito di Vitellozzo.

Mentre il Vitelli attendeva con i suoi uomini notizie da Siena, stando pacificamente da noi, nella Città del Palio si succedevano i tentativi di favorire l’ingresso dei fuoriusciti. Un primo tentativo fu quello di Antonio di Andrea della Vacca il quale era riuscito a fare una copia delle chiavi di Porta San Marco ma, provandole, ne ruppe una nella serratura; non riuscendo ad estrarla fu costretto a rivolgersi al portiere Agostino di Martino promettendogli ingenti somme, ma l’uomo lo denunciò a Pandolfo Petrucci e Antonio perse la vita. Il secondo tentativo lo fece Galgano Fortini creando una breccia nelle mura che attraversavano l’orto di famiglia vicino a Porta Camollia, anche questa volta il tradimento fu scoperto e lo stesso babbo di Galgano, Fortino Fortini, lo denunciò alle autorità.

Fallita ogni possibilità di entrare segretamente in Siena e attuare un colpo di stato da parte dei fuoriusciti, anche il ruolo di Vitellozzo Vitelli ebbe termine, con conseguenze tragiche per i nostri concittadini. Ripercorriamo la storia con le parole di Giovanni Antonio Pecci (1) “Continuarono di tentare i Fuorusciti con varij mezzi, e speranze ritornare alla Patria, e dopo che l’insidie, e i tradimenti non aveano avuto effetto, si voltarono alla forza, e con denari, e promesse, mossero Vitellozzo Vitelli ad assaltare il Dominio di Siena. Costui, che in Città di Castello ordinava le sue genti per andare a soccorrere gli Orsini, assediati dalle genti del Papa in Bracciano, avido di preda, e desideroso rinfrescare colla roba d’altri i proprj soldati, entrò con molti fanti e Cavalli, nello Stato di Siena, e assaltò la Terra di San Casciano de’ Bagni, e, a patti la prese, perciochè alcuni de’ Fuorusciti, che si ritrovavano con Vitellozzo erano amici di quegli abitanti. Quivi era ordinato fermarsi, tanto che in Siena si maturasse il trattato delle chiavi d’Antonio della Vacca, e la rottura del muro del Fortini, ma avendo inteso essersi discoperto, e i traditori fuggiti, rotti i patti, saccheggiò San Casciano, e con quanta roba i Soldati suoi ne poterono portare, e co’ Fuorusciti, si ritirò a Città di Castello”.

Quello di Vitellozzo Vitelli fu l’ultimo saccheggio di San Casciano ed anche quello più noto.

(1) Gio. Antonio Pecci, Memorie storico-critiche della città di Siena che servono alla vita civile di Pandolfo Petrucci, Siena 1755.

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