Celle sul Rigo: la frana, dalle origini agli anni ’70 del XX secolo

La “frana di Celle” affligge il paese da oltre due secoli. Seguendo il drammatico dissesto delle chiese del Corpus Domini e di Sant’Elisabetta si risale al febbraio del 1771 quando, dai documenti della Compagnia Laicale del Corpus Domini, si rileva che l’omonima chiesa è «in evidente pericolo» e quindi viene indetta un’assemblea dei “fratelli” per deliberare la sospensione dell’officiatura delle funzioni religiose, ma la stessa riunione non poté essere tenuta per via della «dirotta pioggia», in conseguenza della quale «è seguita una maggior lavina». La situazione della chiesa del Corpus Domini doveva in breve peggiorare e nel 1776 era ormai un rudere, avendo la sfortuna di essere sul ciglio della frana del “carnajo”. Più lunga vita, ma uguale sorte, ha avuto la chiesa di Sant’Elisabetta (consacrata il 30 maggio del 1483), che invece sorgeva nel versante Sud di Celle, nei pressi del pianoro denominato “Pianetto”; i primi dissesti statici sono documentati nel 1796 allorquando si aprì una profonda crepa nella tribuna del coro, da allora è stato un continuo ripetersi di crepe, di piccoli lavori di ricucitura, fino al completo abbandono ed al crollo definitivo negli anni ’80 del XX secolo.

Nell’agosto del 1845, dopo un sopralluogo dell’ingegnere del Compartimento di Siena, viene redatto un progetto per «eseguire alcuni lavori tendenti a consolidare la base del poggio, onde impedire per quanto è possibile ulteriori mosse nel terreno, ad evitare così alcuni danni che ne sarebbero immediata conseguenza», in quanto « Nella pendice fra Mezzogiorno e Levante della collina su cui sorge il paese di Celle sussistono da molto tempo alcune frane e sovendimenti nel terreno, che sebbene progrediscano lentamente sono però tanto inoltrati da minacciare qualcuna delle sovrapposte abitazioni, ove già cominciano a vedersi dei cretti, o pelature». Con i lavori si intendeva in primo luogo regolarizzare il terreno e quindi realizzare delle “palafitte”, ovvero delle palizzate di contenimento realizzate con pali in legno, posizionate in doppia fila sul lato di mezzogiorno, alla base dell’attuale via del Parapetto ed un’altra serie di file posizionate in alto sul lato della piazza Garibaldi e fino alla Torre. Da notare come all’epoca le abitazioni coprissero tutto il ciglio della frana, dalla Fattoria alla Torre. Tra le palizzate fu prevista la messa a dimora di piante di facile e rapido sviluppo. Un secondo intervento prevedeva, mediante un sistema di canali e pluviali, la raccolta e l’allontanamento delle acque meteoriche dai tetti, dalle strade e dalla piazza per evitare che scendessero lungo le «balze del Carnajo».

L’inesorabile avanzare del fronte della frana portò a considerare Celle sul Rigo tra gli abitati «da trasferire parzialmente e consolidare» (D.M. n. 1547 del 03.11.1921).

E’ proprio in questi anni che il Corpo Reale del Genio Civile di Siena redige una serie di studi e di rapporti sulla situazione di Celle sul Rigo: nel 1921 attestava che circa 70 anni prima (ma sicuramente erano molti di più se, come abbiamo visto, nel 1845 già si studiavano soluzioni per la frana) si era verificato un cedimento di circa 25 metri del pendio che scendeva da Celle sul Rigo, accentuandone la pendenza (prima «lievissima») e trascinando con sé alcune case. Le abitazioni rimaste in piedi furono poi dichiarate inagibili e demolite nel 1932. Nel 1935 furono realizzate le nuove abitazioni a valle del centro storico per ospitare le famiglie colpite dalle ordinanze di sgombero

Nel 1924 un nuovo rapporto del Corpo Reale del Genio Civile di Siena interessava la «gigantesca frana» di Celle, studiandola nelle sue dimensioni che si ipotizzava andassero dall’abitato di Celle sul Rigo all’alveo del torrente Sorla. Furono anche ipotizzate le cause di tale movimento, individuandole nelle infiltrazioni di acqua che avevano raggiunto uno strato di argilla e andavano a «lubrificare» il piano di scorrimento della frana.

Nonostante le minime speranze lasciate dal Decreto del 1921, con il quale si considerava Celle sul Rigo «abitato da consolidare e parzialmente da trasferire» (ipotesi di abbandono contro la quale si erano battuti il Comune di San Casciano dei Bagni e l’intera popolazione di Celle sul Rigo), le difficoltà legate alla mancanza di tecniche di consolidamento risolutive e, soprattutto, alla cronica mancanza di fondi ritarderanno e precluderanno ogni intervento per moltissimi anni, lasciando che la frana si portasse via, nei primi anni degli anni ’70 del secolo scorso, un’altra porzione di centro abitato, “liberando” un intero lato della piazza Garibaldi e minacciando direttamente la Torre medievale, simbolo di Celle. Gli unici interventi proposti ed in parte realizzati fino al 1987 furono di natura idraulico-forestale, volti a ritardare il fenomeno erosivo ed il conseguente arretramento del ciglio del pendio.

Esiste un fitto e continuo carteggio fra il Comune di San Casciano dei Bagni, la Prefettura di Siena, la Regione Toscana, i vari Ministeri, per affrontare e risolvere il problema della frana di Celle sul Rigo, ma il tutto senza ottenere alcun risultato, anzi si succedevano le ordinanze di sgombero: 13 dicembre 1957, cinque famiglie; 13 novembre 1968, 11 famiglie poste in via del Parapetto (1968). Dal Genio Civile, che dal 1965 monitorava l’evoluzione delle lesioni sulle murature delle case danneggiate, si insisteva sull’impermeabilizzazione della stessa strada con l’asfalto, così come si suggeriva e già si faceva nelle altre strade del centro storico, e poi, con l’aggravarsi della situazione, a chiudere la traffico la via. Finalmente, nel 1974, la Regione Toscana rispose positivamente agli appelli del Comune ed autorizzò un intervento d’urgenza, ai sensi della Legge 1010 del 1948, per rimuovere un muro pericolante, ricostruire un tratto di fognatura (le perdite della rete fognaria erano ritenute concause delle infiltrazioni di acqua nel terreno) ed impermeabilizzare via del Parapetto.  A margine di questi primi interventi la stessa Regione finanziò un’indagine per l’installazione di piezometri ed inclinometri per monitorare l’andamento della frana, studio affidato allo Studio Geotecnico Associato Sanminiatese Pozzi.

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