Dei saccheggi e degli assedi: 1248

Il primo saccheggio di San Casciano documentato risale al 1248 e va ascritto alla cavalleria orvietana.

L’epoca è quella degli scontri fra Guelfi e Ghibellini, partiti che dividevano fra loro le città italiane e, al loro interno, le consorterie principali delle stesse.

Quale era la situazione dalle nostre parti? Variabile, spesso anche confusa senza nemmeno la certezza di quei punti fermi che erano i grandi Comuni che gravitavano sul territorio: Siena ed Orvieto. Infatti troveremo in questa storia senesi che sconfiggono gli imperiali e guelfi orvietani che difendono i loro concittadini ghibellini.

Insomma, in tutto questo intreccio di instabilità, le piccole realtà come San Casciano erano in balia degli eventi militari.

La nostra catastrofe ha origine da una vittoria, in quel 1248 cinquanta nostri concittadini furono determinanti nella presa di Chiusi da parte dei tedeschi al comando del Capitano Simone, ce lo ricordano sia Jacopo Gori nella sua Istoria di Chiusi: «L’anno 1248 Federigo Imperadore venendo con l’esercito all’assedio di Parma, mandò un Capitano Simone in Toscana, con una parte di sua gente, e mosso dalle preghiere de i Perugini, andò all’assedio della Città di Chiusi, e con trattato dei fuorusciti Chiusini, ed ajuto di 50 Sancascianesi lo prese in pochi giorni», sia Cipriano Manente nelle sue Historie: « il Capitan Simone con trattato de Chiusini, et aiuto de SanCascianesi entrò in Chiusi con gente et vittovaglia».

Per Chiusi erano anni difficili, più volte presa e persa dagli Imperiali era allo stremo, come ci ricorda il Gori: “sicchè il misero Chiusi patì molti danni in questi tempi dal crudel Federigo”. Federigo era nientemeno che l’imperatore Federico II di Svevia, lo stupor mundi. Il Capitano Simone viene da alcuni identificato con uno dei condottieri di Federico: il Conte di Teano o di Chieti (nella Istoria della Città di Viterbo di Feliciano Bussi e nelle Croniche di Acquapendente di Pietro Paolo Biondi) che era stato protagonista della presa di Viterbo del 1243.

Perché i nostri concittadini aiutarono le truppe imperiali? Difficile dirlo, nel 1248 nemmeno i Visconti di Campiglia erano schierati con i Ghibellini orvietani, lo faranno solo l’anno dopo in seguito alla presa di Bagnorea da parte dei Filippeschi, erano però legati a quelli di Siena e magari questo potrebbe aver influito nella nostra scelta di campo.

Abbiamo però la certezza che questo intervento militare ci costò tantissimo: gli Orvietani, «sdegnati per la perdita, che aveva fatto la Chiesa di questa Città, non potendo vendicarsi contro gl’Imperiali, mandorno la lor cavalleria a i danni di San Casciano, e lo presero, e messero a sacco, per aver favorito gl’Imperiali nella presa di Chiusi» [Jacopo Gori, Istoria di Chiusi]; «lo pigliarono et misero a sacco, et fuoco per haver favorito l’Imperiali» [Cipriano Manente nelle sue Historie].

Un’altra domanda che questo saccheggiò fa nascere è quella sul come era fatto San Casciano nella metà del XIII secolo, soprattutto legandola al fatto che a metterla a ferro e fuoco era stata la cavalleria. Forse non era stata ancora cinta di mura la Contrada del Borgo, oppure era ancora presente ed abitato il grande quartiere esterno a quello che è l’attuale centro storico e ricordato dallo Schiavetti nella seconda metà del XVI secolo: «hò letto, già avanti le guerre un’instrumento in carta pecorina, che i Bagni erano già case di settecento fuochi, & dicebatur Suburbium, come ne danno segno molti vestigi, e Macerie de fondamenti, che in quei campi, e possessioni, quivi intorno si scoprano ad ogn’hora». La conformazione del nostro centro storico, ed in particolare della Contrada del Castello non sembrano atte a favorire un assalto da parte della cavalleria, quindi è presumibile che vi fossero zone non protette da mura o difese naturali.

La presa di Chiusi del 1248 non portò bene nemmeno al Capitano Simone, scampato alla vendetta a caldo degli orvietani per opportunità politiche (era comunque il rappresentante imperiale in zona), l’anno dopo lasciò Chiusi ed andò nella ghibellina Acquapendente insieme ai Filippeschi ed al Conte di Bisenzio e qui avvenne una di quelle variabili che scompaginano le alleanze. I generali di Orvieto e della Chiesa Napoleone Orsini e Pandolfo Savelli inviarono un soldato con delle richieste per gli imperiali, ma il messo fu assalito ed ucciso da alcuni soldati tedeschi fuori Acquapendente per prendergli le lettere e la risposta. Il Conte di Bisenzio, profondamente contrariato dal grave atto dei tedeschi che avevano tradito l’immunità del messaggero, ne fece uccidere tredici e questo provocò la reazione del Capitano Simone «che mosso ad ira … volse far castigare detto Signor Guido». E qui ha avvio la variabile: I Filippeschi e il Conte di Bisenzio si schierano contro il Capitano Simone ed i suoi tedeschi, i guelfi Monaldeschi accorrono da Orvieto in soccorso dei loro concittadini seppur rivali e insieme cacciano Simone da Acquapendente che, inseguito, fugge in Val d’Orcia dove viene sconfitto dall’esercito dei senesi Salimbeni e fatto prigioniero, qui le testimonianze divergono, alcuni lo vogliono trasferito nelle carceri orvietane, altri in quelle senesi, tutti invece concordano sul suo rilascio dopo che Chiusi fu ripresa dagli orvietani.

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