L’uomo di governo: Aurelio Manni

Aurelio di Girolamo Manni fu un prestigioso sancascianese del XVI secolo.  Dottore in Legge in Siena, nel momento cruciale della guerra del 1553-1559 fra le forze imperiali e fiorentine e la Repubblica di Siena, Aurelio si schierò, insieme al fratello Gismondo, dalla parte del Duca di Firenze Cosimo de’ Medici, questa scelta di campo provocò nei suoi confronti un forte risentimento in San Casciano, dove gli vennero confiscati tutti i beni, mentre il governo senese ritirato a Montalcino li dichiarava ribelli con pubblico bando dell’8 ottobre 1556.

Alla caduta di Montalcino e quindi dell’antica Repubblica Senese, anche San Casciano dovette rassegnarsi a giurare fedeltà a Cosimo ed a provare a ritagliarsi un proprio spazio nel nuovo organismo statale che andava formandosi nella Toscana ormai unita. È a questo punto che torna di nuovo utile, per San Casciano, riallacciare i rapporti con Aurelio Manni, il quale nel frattempo aveva guadagnato la fiducia di Cosimo de’ Medici. Così, già un mese dopo aver deliberato di giurare fedeltà al signore di Firenze, il Pubblico Consiglio restituì ai fratelli Manni i beni loro confiscati. Dal canto suo Aurelio si occupò di San Casciano, procurandogli la riconferma di tutti i privilegi dei quali godeva sotto la Repubblica di Siena.

La carriera politico amministrativa di Aurelio iniziò già negli organismi della Repubblica Senese, lo troviamo oratore a Roma nel 1544, ambasciatore dal Cardinale di Granvelle nel 1546, a Firenze nel luglio 1553 e nei giorni successivi a prendere possesso di Lucignano per la Repubblica. Dopo la caduta di Siena Aurelio, a partire dal 1557 fece parte del Collegio di Balia di Siena e poi, con la resa definitiva anche della resistenza del governo senese esule a Montalcino, divenne dapprima procuratore di Cosimo per raccogliere le liste dei beni mobili ed immobili vacanti per mancata eredità in tutte le comunità dello Stato di Siena (Bando del 23 febbraio 1560 del Governatore di Siena Angelo Niccolini), e poi Segretario dello Stato di Siena, carica istituita da Cosimo nel 1561 per sostituire il Cancelliere della Repubblica ed il Notaio delle Riformagioni.  Questa nuova istituzione divenne subito la chiave di volta dell’amministrazione e della politica senese, in quanto il mandato del Segretario non rispondeva ai consueti criteri di brevità e rotazione, ed inoltre la nomina era riservata ai soli giuristi che pertanto garantivano un adeguato livello tecnico, cosa che invece non accadeva per la carica di Capitano del Popolo, che seppure formalmente era la più alta, era limitata dalla brevità del mandato (due mesi) e dalla assoluta mancanza di requisiti tecnico-giuridici. La competenza, la durata dell’incarico, la presenza alle sedute di tutti gli organi statali, facevano del Segretario la memoria storica dello Stato senese ed il principale referente del governo mediceo.

Nel 1565 Aurelio lasciò la Segreteria ad Antonmaria Petrucci per trasferirsi a Firenze, dove venne nominato dal Granduca Auditore Fiscale, incaricò che mantenne fino al 1571. La nuova carica conferita ad Aurelio Manni era la terza per importanza nell’ordinamento statale mediceo dopo il Primo Segretario e l’Auditore delle Riformagioni. I compiti dell’Auditore Fiscale, almeno inizialmente, erano di carattere finanziario (“Sia l’offittio del Fiscale curare tutte le cose di esso. Fino a quelle ancora dove egli ha o pretende interesse alcuno, e d’esigere e’ crediti da’ condannati o multati da qualsivoglia magistrato o rectore, composti o non composti, osservando sempre la composizione a ciascuno; item di esigere ogni altro credito di esso Fisco, secondo che per li tempi parrà alla prefata Sua Eccellenza, e di far mettere al netto tutti i beni confiscati, potendo vedere qualunque processo, sententia e scrittura di qualsivoglia luogo, e tenerla a suo beneplacito a fine di conoscere e vedere le ragioni di esso Fisco, quando sarà di bisogno, et a fine che la iustitia sortisca i suoi santi effetti”), poi in breve tempo vennero riconosciuti al Fiscale anche i compiti di supervisione e controllo di tutta l’amministrazione della giustizia penale, divenendo essenzialmente l’intermediario fra il duca e gli organi della giustizia penale, Otto di Guardia e Balìa. Inoltre l’Auditore Fiscale aveva competenza anche in campo annonario, con la repressione degli accaparramenti, incette di grani, evasioni dall’obbligo di approvvigionamento dei magazzini della Grascia, ecc.

Questo confluire di attribuzioni nelle materie sia fiscali che penali, porterà Niccolò Arrighi nel 1695, nel suo riepilogo delle principali magistrature granducali, a definire l’Auditore Fiscale come “la carica più nobile e autorevole e confidenziale che conferisca il Ser.mo G. Duca ne’ suoi felicissimi Stati, e suole per essa eleggere uno de’ più accreditati iureconsulti che egli habbi tra’ suoi Auditori, ricercandovisi e dottrina e prudenza e integrità sopra ogni altra carica, mentre depende da questo per la maggior parte la quiete et la buona disciplina de’ sudditi”.

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